sabato 25 febbraio 2017

IL POLO ESPOSITIVO “JUANA ROMANI” RENDE OMAGGIO ALLA STORIA DI VIA MARGUTTA
UNA SALA AI FRATELLI OMICCIOLI - UNA VERANDA ALLA PARIGINI
Due sale intitolate una a Leonardo De Magistris e una a Pericle Fazzini  - esposte opere di Lino Tardia – Nino La Barbera – Paolo Veneziani – dei fratelli Omiccioli e di Alberto Vespaziani presidente dei Cento di Via Margutta il gruppo che anima la storica rassegna di pittura al quale verrà intitolato un camminamento
In occasione della 9 Mostra Triennale d’arte e artigianato “Marcello De Rossi”, il Polo Espositivo “Juana Romani” rende omaggio a Via Margutta e a quei artisti, che ne hanno scritto con la loro presenza la storia dell’affascinante strada romana culla dell’arte del Novecento. Le sale del primo piano saranno intitolate ad alcuni maestri il cui ricordo non si è mai affievolito e vivono nella memoria di chi li ha conosciuti e nel ricordo degli amanti dell’arte. Si tratta di un momento storico particolare quello in cui sono vissuti ed hanno operato quello della Dolce Vita, nato proprio in Via Margutta nello studio di Novella Parigini, luogo frequentato da attori e personaggi che sono oggi delle vere icone della storia del costume. Dall’inizio della vita del Polo Espositivo è stato fondamentale il recupero della memoria di quegli artisti storicizzati di cui a causa dello scorrere del tempo e del mutamento generazionale si rischia di non parlare più. Per questo alcuni ambienti del primo piano del Polo prenderanno il loro nome. Sabato 25 Marzo 2017 alle ore 17.00 alla presenza della famiglia sarà intitolata una sala a Giovanni ed Alfonso Omiccioli, mentre l’ 8 Marzo durante la serata per Novella verrà inaugurata la veranda Novella Parigini, si tratta di parte del camminamento che conduce alle sale del primo piano. Due sale sono già state intitolate a Leonardo De Magistris e a Pericle Fazzini, mentre due corridoi prenderanno saranno intitolati a Via Margutta e ai Cento Pittori, questo per riconoscere l’importanza di questo gruppo guidato da Alberto Vespaziani che ogni anno anima le rassegne d’arte sulla storica strada. Nella sala Mario Schifano sono esposte opere di Lino Tardia – Paolo Veneziani – Alberto Vespaziani – Leonardo De Magistris e dei fratelli Omiccioli. Per il Polo Espositivo “Juana Romani” è un orgoglio e una soddisfazione poter ospitare questi maestri e sancire con queste intitolazioni un legame con questa gloriosa storia prezioso patrimonio dell’umanità.  Giovanni e Alfonso Omiccioli, erano due fratelli che iniziano la loro attività come imballatori di opere d’arte. Giovanni nasce a Roma il 25 Febbario 1901. Dopo gli studi elementari nel 1912, inizia ad aiutare il padre Abilio nella bottega di imballaggi in Via Margutta 32. Nel 1928 a bottega conosce Scipione dal quale ha i primi incoraggiamenti per le sue prime esperienze artistiche. Nel 1929 a Vercelli sposa Piera Malerbo che aveva conosciuto mentre imballava una mostra. Nel 1933 conosce Mario Maffai la cui amicizia diverrà un sodalizio. Nel 1934 esortato da un gruppo di artisti tra i quali De Pisis dedica sempre più tempo alla pittura rubandolo al suo lavoro di imballatore. Nel 1937 alla Galleria Apollo presenta la sua prima mostra personale. Nel 1939 è richiamato alle armi a Piacenza nella cui caserma esegue una Santa Barbara in affresco. Nel 1940 con il quadro “La piccola Anna” partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia. Nel 1941 viene congedato ed inizia a dipingere la serie degli Orti, che espone nel 1943 alla Galleria Minima “Il babuino” vendendone uno solo acquistato da Zavattini per Bompiani. Nel 1944 alla Galleria “La Campana” in Via della Scrofa fa la sua seconda personale. Nel 1945 con Guttuso – Maffai – Afro progetta la testata dell?unità e con loro e Cagli, Turcato, Leoncillo e Franchina partecipa alla prima mostra dell’arte contro le barbarie. Finito per periodo degli Orti inizia a dipingere le periferie, le osterie e i balli all’aperto a Ponte Milvio. Nel 1946 viene insignito del premio “La Colomba”. Nel 1947 espone a Milano. Nel 1948 dopo aver vinto il Premio C.I.M. a Roma viene invitato alla Biennale di Venezia alla quale verrà invitato altre quattro volte. Nel 1950 prende in affitto il primo studio al mitico 51 di Via Margutta. Nel 1952 De Luca pubblica la sua prima monografia. Nel 1953 con il quadro “pastore con capretta” vince il Premio Marzotto. Nel 1954 scopre il litorale romano che sarà la sua ispirazione fino agli ultimi giorni della sua vita. Nel 1957 vince a Ventimiglia “la rosa d’oro”. Nel 1959 è invitato alla quadriennale romana. Da questo momento è un susseguirsi di premi e di riconoscimenti fino alla morte avvenuta il 1 Marzo 1975. Alfonso Omiccioli nasce a Roma il 7 Luglio 1921, anche lui dopo la scuola lavora nella bottega del padre in Via Mrgutta. Nel 1953 imballando una mostra di Piacasso conosce l’artista questo lo sprona ad iniziare a dipingere. Nel 1958 la prima mostra, l’anno dopo con il fratello Giovanni partecipa alla Quadriennale Romana. Nel 1968 partecipa alla VIII Biennale Arte Sacra a Bologna. Nel 1969 la prima mostra personale ad Arezzo. Nel 1973 è premiato con Medaglia d’Oro alla terza Rassegna Nazionale di Arte Contemporanea. Nel 1978 presenta una personale alla storica Galleria”Zizzari” a Via Margutta. Muore nel 2004 a Roma dopo una lunga malattia che ne ha rallentato la produzione. Altro personaggio che sarà ricordato all’interno del Polo Espositivo è Novella Parigini l’unica donna di Via Margutta artista controversa e particolare essendo stata la protagonista indiscussa della Dolce Vita che proprio lei ha ispirato. Famosi sono i suoi gatti. E’ stata amica dei protagonisti del cinema italiano e straniero di quegli anni, nel suo studio si fermavano attori e attrici tra questi i divi americani che in quegli anni erano in Italia a girare essendo Cinecittà diventata la Holliwod del sud. Proprio vicino da lei è stato girato il mitico film Vacanze Romane era corteggiata dai protagonisti di quel cinema che ha fatto la storia. Altre due sale sono intitolate a Pericle Fazzini lo scultore grottammarese autore della celebre Resurrezione della Sala Nervi in Vaticano. Una scultura di 70 metri in bronzo realizzata con tecniche avveniristiche. Infatti l’opera prima è stata scolpita in polistirolo e poi con delle resistenze elettriche tagliata a sezioni per la fonderia. Molti sono gli aneddoti raccontati da Lino Tardia sull’opera che lui stesso ha aiutato a pulire dopo la fusione. Si tratta di un grande maestro, che come docente di scultura presso la vicina Accademia delle Belle Arti ha formato generazioni di allievi, alcuni anche di Velletri gia ex allievi della Juana Romani. Il ricordo di Leonardo De Magistris è in una sala sempre al primo piano che porta il suo nome. Si tratta di uno dei protagonisti della storia di Via Margutta egli con il suo studio Galleria al numero 62 ha lanciato numerosi giovani squattrinati ai quali permetteva di esporre dicendo: “Il posto lo metto io tu pensa al rinfresco”. Credeva nell’arte e in quello che faceva splendidi i suoi paesaggi, ne abbiamo tre esposti concessi dal figlio Patrizio che impreziosiscono non poco la nostra collezione e fanno vivere il ricordo di un artista che del suo lavoro aveva fatto una ragione di vita. Sono esposte opere di Lino Tardia – Paolo Veneziani due memorie storiche di quello che vi abbiamo raccontato e di Alberto Vespaziani presidente dei cento di Via Margutta. L’associazione nata nel 1973 per salvaguardare e promuovere la rassegna che si svolge due volte l’anno all’aperto lungo la strada. Ai Cento sarà intitolato un camminamento.
ALESSANDRO FILIPPI




venerdì 24 febbraio 2017

Durante la Mostra Triennale d’Arte e Artigianato “Marcello De Rossi” due appuntamenti con la cultura storica del territorio.

VELLETRI RENDE OMAGGIO A GIACOMO CARISSIMI
E ZACCARIA NEGRONI
A parlare di questi due illustri cittadini di Marino il Dr. Ugo Onorati già sindaco della città castellana
La mostra triennale d’arte e artigianato Marcello De Rossi, renderà omaggio a due illustri cittadini marinesi  Giacomo Carissimi e Zaccaria Negroni. Questo a suggellare il patrocinio concesso alla manifestazione da parte dell’amministrazione del Sindaco Carlo Colizza e grazie alla collaborazione con l’assessore alla cultura Dr.ssa Paola Tiberi. Nel progetto della valorizzazione del territorio e della conoscenza della storia patria, senza l’ombra dei campanili, iniziato lo scorso settembre con il Velletri Wine Festival “Nicola Ferri” abbiamo ideato due incontri uno il pomeriggio della giornata inaugurale della mostra sabato 18 marzo alle ore 17.00 ,l’altro sabato 8 aprile alle ore 17.00. Sarà il Dr. Ugo Onorati, Sindaco emerito di Marino ha illustrare in due convegni queste importanti figure, una vissuta nel XVII secolo e l’altra vissuta nel XX secolo scrivendo una pagina importante della storia del secondo dopoguerra. Giacomo Carissimi (Marino, 18 aprile 1605 – Roma, 12 gennaio 1674) è stato un compositore italiano del periodo barocco, particolarmente attivo nel campo della musica sacra, dell'oratorio e della cantata. Giacomo Carissimi nacque nel 1605 a Marino, dove fu battezzato il 18 aprile di quell'anno. Il padre, Amico, fabbricante di botti, era figlio di un certo Carissimo, originario di Castelsantangelo sul Nera (Macerata) trasferitosi con la famiglia a Marino nel 1578. Non è noto da chi abbia avuto i primi insegnamenti musicali, ma è probabile che li abbia potuti ricevere da qualche maestro di cappella o musicista attivo nella sua città natale, poco distante da Roma, a quel tempo feudo della famiglia Colonna. Nel 1622 fu assunto come cantore nella cappella del duomo di Tivoli, e due anni più tardi ne divenne organista. Nel novembre 1627, quando monsignor Getulio Nardini, vicario generale e arcidiacono del duomo di Tivoli, divenne vicario apostolico ad Assisi, Carissimi lo seguì per assumere il posto di maestro di cappella nella Cattedrale di San Rufino, che mantenne fino al 1629, quando si trasferì definitivamente a Roma. Dal 15 dicembre 1629 assunse la carica di maestro di cappella della chiesa di Sant'Apollinare annessa al Collegio Germanico-Ungarico, che mantenne fino alla morte. Nel 1637 ricevette gli ordini minori e poté quindi godere di alcuni benefici ecclesiastici. Oltre all'attività di maestro di cappella, svolse una rilevante attività didattica, rivolta soprattutto a musicisti che gli venivano indirizzati, spesso da nobili famiglie, per avere un'adeguata formazione musicale nel canto e nella composizione. Viste le strette relazioni del collegio Germanico-Ungarico con i territori del sacro romano impero, alcuni dei suoi migliori allievi fecero carriera presso importanti corti del nord Europa, come Giovan Battista Mocchi attivo nelle corti di Bruxelles e di Neuburg-Düsseldorf, Domenico Palombi e Domenico del Pane a Vienna, Kaspar Förster a Varsavia e Copenhagen, Vincenzo Albrici a Dresda, Stoccolma, Amburgo, Londra, Berlino, Lipsia e Praga. Già prima della metà del Seicento Carissimi aveva conseguito una notevole fama anche al di fuori di Roma. Nel 1643 fu invitato dal cantante Giacomo Razzi a candidarsi come successore del defunto Monteverdi come maestro di cappella della basilica di San Marco a Venezia. Nel 1647 ebbe pressanti inviti da parte dell'arciduca Leopoldo Guglielmo d'Asburgo perché assumesse la carica di maestro di cappella della sua corte a Bruxelles. Il gesuita Athanasius Kircher spese per lui parole di lode nella Musurgia universalis (Roma, 1650), pubblicando due esempi della sua musica, tratti dalla cantata A' piè d'un verde alloro e dal coro finale del celebre Jephte, dove nel giro di poche battute il compositore evoca ben otto diversi ‘affetti' che permettono all'ascoltatore di cogliere i repentini rivolgimenti del dramma: amore, dolore, letizia, indignazione, compassione, timore, audacia e stupore. . Nel febbraio 1656, in onore della regina Cristina di Svezia, da poco arrivata a Roma, venne rappresentato al Collegio Germanico-Ungarico il dramma sacro Il sacrificio d'Isacco, messo in musica da Carissimi, Nella quaresima dello stesso anno, presso la corte della regina, venne eseguito il suo oratorio Historia di Daniele, su libretto di Pompeo Colonna. Nel luglio 1656 Cristina di Svezia lo nominò «maestro di cappella del concerto di camera». Carissimi dovette collaborare alle musiche di altre istituzioni romane, tra le quali l'oratorio di S. Maria in Vallicella e quello del Ss. Crocifisso di San Marcello, dove la sua presenza è testimoniata più volte nel decennio 1650-1660. Carissimi morì il 12 gennaio 1674 e fu inumato nella stessa chiesa di S. Apollinare, in cui aveva lavorato per buona parte della vita. La congregazione dei musici di Roma, della quale era stato membro, gli tributò esequie solenni nella chiesa di Santa Maria Maddalena; non restano tracce della sua tomba. Di questo illustre musicista i ragazzi dell’Istituto Statale d’Arte Paolo Mercuri diretti dal prof. Stefano Piali hanno realizzato un bellissimo busto bronzeo curato nei dettagli. ZACCARIA NEGRONI Consegue il diploma di perito in una scuola tecnica di Roma, che gli consente l'iscrizione al Politecnico di Torino, facoltà di Ingegneria. Nel 1917 viene chiamato alle armi in anticipo, a causa della disfatta di Caporetto. Finita la guerra riprende gli studi al politecnico, dove si laurea il 23 dicembre 1923. Tornato a Marino si dedica prevalentemente all'educazione dei giovani, alle scuole di catechismo, collaborando attivamente con l'abate parroco monsignor Guglielmo Grassi, vescovo, sotto la cui guida costituisce il primo nucleo dei Discepoli di Gesù e fonda l'Oratorio Parrocchiale San Barnaba. Nel 1928, dopo l'assemblea generale, Negroni, eletto consigliere nazionale dell'Azione Cattolica, riceve l'incarico di delegato centrale Aspiranti dal presidente Jervolino. Tramite il giornale "L'Aspirante", il Servo di Dio dialoga coi "suoi" ragazzi di A.C., ai quali trasmette il pensiero della Chiesa e le motivazioni spirituali del movimento aspirantistico. Fu molto impegnato nella diffusione dell'editoria. A Marino fondò la tipografia "Santa Lucia", che ha formato una generazione di tipografi. Nel 1937 è tra i fondatori dell'Editrice AVE. Poco dopo l'annuncio dell'armistizio, il 9 settembre 1943 si costituì formalmente[2] il gruppo che avrebbe dato vita al locale Comitato di Liberazione Nazionale, composto da esponenti di tutte le forze politiche antifasciste. Sebbene ne fosse segretario il democristiano Carlo Colizza, Negroni ne fu l'anima. Lui stesso raccolse poi le memorie del periodo di guerra in un libro, "Marino sotto le bombe", pubblicato in prima edizione nel 1947. L'attività del CLN marinese consisté soprattutto nell'assistenza agli sfollati dei bombardamenti aerei anglo-americani (il più grave si verificò il 2 febbraio 1944). Negroni, in particolare, rappresentò un punto di riferimento per la cittadina nei mesi più bui della guerra, in assenza di qualsiasi autorità costituita. Negli ultimi giorni di guerra, alla fine del maggio 1944, il commissario prefettizio, dislocato a Roma, raggiunse Marino per annunciare l'ordine di sfollamento del centro abitato, disposto dai tedeschi: Negroni si prese la responsabilità di far eseguire l'ordine, in realtà non eseguendolo, per evitare ai pochi abitanti rimasti in paese l'umiliazione ed i pericoli dello sfollamento.[Giocoforza, subito dopo la Liberazione, il 4 giugno 1944, Negroni venne nominato sindaco pro tempore di Marino dal governo militare alleato. La sua prima Giunta fu composta da Reginaldo Baroncini, Massimino Camerata, Carlo Colizza, Olo Galbani, Renato Frezza, Edoardo Giardini, Achille Marini, Felice Tisei ed Ugo Zannoni. La nuova Amministrazione si diede da fare per risolvere gli enormi problemi della ricostruzione: una delle iniziative più originali è quella di "Marino nuova", un programma di lavori pubblici che aveva il doppio scopo di risistemare la disastrata viabilità locale e di dare lavoro ai numerosi disoccupati (non senza la preoccupazione di evitare altre occupazioni di terre ad opera di militanti comunisti, che si registrarono verso il finire del 1944 in tutti i Castelli Romani).[5] Per finanziare i lavori di "Marino nuova" Negroni creò un "Fondo di solidarietà cittadina", un conto separato dal bilancio comunale, "a carattere straordinario e di contingenza":[6] Il Fondo fu inizialmente alimentato da donazioni di generosi marinesi, possidenti terrieri o imprenditori, ma anche semplici cittadini. La paga base di ogni operaio è di 250 lire giornaliere:[7] al settembre 1945 si calcola che il Fondo avesse assicurato a centinaia di disoccupati 7000 ore lavorative, per un totale di oltre due milioni di lire. Tuttavia a fine dicembre 1945, il Fondo inizia a restare vuoto, e le giornate lavorative scoperte, per alcune centinaia di migliaia di lire.[9] Per questo ed altri problemi amministrativi,[10] vista l'incomprensione della cittadinanza e di alcuni pariti che sostenevano la sua Giunta, Negroni si dimise da sindaco il 26 gennaio 1946, scrivendo: "non sarei rimasto neppure un istante al posto di sindaco il giorno in cui una sola famiglia di Marino fosse rimasta senza pane perché senza lavoro".Alle successive elezioni amministrative del 18 marzo 1946 fu presentata una lista unica di 48 candidati di tutti i partiti. Negroni era il capolista, ma risultò alla fine venticinquesimo degli eletti, correndo addirittura il rischio di essere escluso dal Consiglio comunale.[12] Fu eletto sindaco il socialdemocratico Olo Galbani. Al riguardo dell'insuccesso elettorale di Negroni, dopo il suo infaticabile operato nel periodo di guerra, si è detto che "nemo propheta in patria": probabilmente Marino non comprese pienamente il valore dell'uomo.[È eletto presidente della giunta dell'Azione Cattolica della Diocesi di Albano nel 1949, incarico che fu riconfermato sei volte, fino al 1976. Nel 1953 viene eletto Senatore della Repubblica al Collegio di Velletri. Eletto poi Deputato al Parlamento per il Collegio XIX di Roma, Viterbo, Latina e Frosinone, nel 1958. Dal 1957 al 1966 ricopre l'incarico di presidente nazionale dell'ACAI (Associazione Cristiana Artigiani Italiani). È presidente dell'Ente Nazionale per l'Artigianato e la Piccola Industria (ENAPI) dal 1963 al 1970. Dal 1970 al 1973 Negroni, oltre che docente di religione alla Scuola Magistrale Mons. Grassi di Marino, svolge anche la funzione di preside. Dopo aver ricevuto il sacramento dell'Unzione degli Infermi, il 1º dicembre 1980, muore.

ALESSANDRO FILIPPI



martedì 14 febbraio 2017

140 anniversario della fondazione della Scuola Serale di Disegno Applicato alle Arti e Mestieri “ Juana Romani”

140 anni di arte – storia e tradizione
Antonino Ciancia, uomo di vasta cultura e di vedute lungimiranti dopo alcuni anni dal suo arrivo a Velletri si rende conto di una realtà che era forse da troppo tempo sottovalutata, quella della formazione dei giovani apprendisti che popolavano le numerose botteghe artigiane del centro storico. Ciancia aveva capito che quei ragazzi erano sfruttati sottopagati e ricevano a malapena le nozioni basilari di quel mestiere che volevano imparare magari da vecchi artigiani che gelosi dei loro segreti non li tramandavano per paura di perdere clienti e lavoro. Il professore allora pensò ad una scuola serale, che potesse in qualche modo colmare le lacune che quei per dirla in dialetto “regazzotti” avevano nella loro formazione. Propose la sua idea all’amministrazione comunale all’epoca capeggiata dal Sindaco Luigi Galletti era il 1875. Capita la validità del progetto l’amministrazione comunale l’approvò con delibera del 22 Settembre 1875. La prima sede della scuola fu il piano terra del Palazzo delle Maestre Pie in Via Guido Nati. Nei ragazzi questa nuova scuola trovò un notevole interesse tanto che fu necessario ad un certo punto chiudere le iscrizioni e ammettere al primo anno scolastico sono trenta di loro scelti tra quelli che offrivano maggior affidamento. Nel 1876 inizia l’attività didattica e a fine anno l’amministrazione comunale volle premiare sedici allievi scelti tra i più meritevoli secondo le segnalazioni del direttore. Il Sindaco Galletti scriveva ad Antonino Ciancia:
Velletri 6 Giugno 1876
Carissimo Sig. Professore
Sono ben lieto dei buoni risultati ottenuti dalla scuola di disegno e tutto il merito di questa utile istituzione si deve a V.S. Ill.ma che con vera abnegazione si è prestata a dotare col magistero che ella nella mente esercita. Si abbia dunque le debite lodi da parte anche di questa popolazione. E ringraziandola della nota rimessami col pregiato foglio del 3 corrente dei sedici alunni da premiarsi con i sensi di perfetta stima ho l’onore di raffermarmi. Dal 1876 al 1897 la scuola prende corpo e la crescita costante della popolazione scolastica rese necessario l’ampliamento della sede scolastica, alla prima stanza venne aggiunta una un poco più grande. Nel 1890 la giunta deliberò di spostare la scuola al piano terra del Convento dei Terziari Francescani in Via Luigi Novelli  occupato in precedenza dalle scuole elementari. Nella stessa delibera venne autorizzata l’assunzione di tre capi d’arte: un falegname, un fabbro e uno “stagnaro” che avendo le loro officine nella scuola potessero dare ai ragazzi oltre l’insegnamento pratico anche quello teorico. La delibera venne eseguita solo in parte, perché all’atto del trasferimento nella nuova sede Ciancia era affiancato nell’insegnamento solamente dal cognato Oreste Nardini, la scuola dal punto di vista amministrativo dipendeva dal Comune e didatticamente dalla sola abilità del direttore



 MASSIMO GALLELLI direttore dal 1897 al 1898
Antonino Ciancia, dopo vent’uno anni alla guida della scuola,lascia la direzione nelle mani del Prof. Massimo Gallelli. Il nuovo direttore diede alla scuola il primo ordinamento approvato con delibera della giunta del comune di Velletri il 6  Dicembre 1897.  Venne messo nel bilancio del comune l’assegno per il direttore insegnante unico. La scuola era distinta in cinque sezioni stuccatori – intagliatori in legno – intagliatori in marmo – fabbri ferrai – pittori decoratori. Si strutturano anche i corsi e la didattica, ogni sezione era divisa in due corsi della durata di due anni ciascuno: il prepar atorio e il superiore;nel corso preparatorio era obbligatorio lo studio della geometria, degli elementi di architettura, del disegno applicato alle arti industriali esercitate dagli alunni, della plastica ornamentale con la sola modellazione in creta, delle applicazioni manuali d’intaglio in legno e in marmo e di opere di ferro battuto.  Nel corso superiore, lo studio della prospettiva, dei vari stili di architettura, del disegno a tutto effetto dalla stampa e dal vero, della plastica ornamentale in creta, in plastilina, in stucco ed in cera, di lavori completati d’intaglio in legno e in marmo, di opere in ferro battuto di assoluta composizione degli alunni. Si istituiva in oltre un laboratorio per le applicazioni manuali, e si rendevano obbligatorie le prove finali al termine di ogni anno scolastico, con relativa premiazione. Era un ordinamento didattico molteplice e vasto, che certo non poteva essere seguito solamente dal Direttore che era anche insegnante della scuola. Dopo un anno di esperienza Gallelli rinuncia all’incarico che passa al suo fiduciario che già lo suppliva il Prof. Edgardo Zauli Sajani

 EDGARDO ZAULI SAJANI -direttore dal 1898 al 1935
L’inizio del XX secolo, l’avvento del progresso, cambia qualcosa anche all’interno della Scuola Juana Romani. Con la nomina a direttore di Edgardo Zauli Sajani la scuola va verso la sua definitiva struttura infatti il 10 Febbraio 1900 il consiglio comunale delibera il regolamento proposto dal ministero di A.I.C. per la “scuola pratica di disegno applicato alle arti e mestieri a Velletri .Tale fu allora il titolo ufficiale della scuola serale di disegno. Vennero introdotte nuove materie con questo regolamento l’insegnamento di geometria elementare, di disegno liniare, ornamentale ed architettonico, con applicazioni (nel terzo e quarto anno di corso) alle arti, all’esercizio delle quali i giovani erano avviati in tre laboratori annessi alla scuola e diretti da capi d’arte, per la lavorazione del legno, del ferro e delle pietre.  La durata del corso era quadriennale con lezioni serali, i primi due anni erano preparatori, comuni a tutti gli allievi, gli latri due anni di specializzazione, distribuiti in sezioni a seconda dell’arte scelta dagli alunni. Alla fine dell’anno scolastico, gli alunni dovevano sostenere gli esami di promozione o di licenza; il governo della scuola era affidato ad un Consiglio Direttivo composto di due delegati del ministero, di due delegati del comune e di un rappresentante degli altri enti che sostenevano la scuola.
Nascono in questo periodo, grazie ai contributi del comune tre laboratori distinti e bene attrezzati falegname – ebanista, quello di fabbro ferraio e l’altro di pittore decoratore con capi d’arte scelti tra i migliori del paese, mentre si deliberava anche quello di marmista intagliatore. Nel 1904 la scuola riceve la visita del Ministro di Agricoltura Industria e Commercio che soddisfatto dei risultati promise di aumentare il contributo della stato e di dare con un nuovo più appropriato statuto maggiore incremento alla istituzione. Nascono in questo periodo, grazie ai contributi del comune tre laboratori distinti e bene attrezzati falegname – ebanista, quello di fabbro ferraio e l’altro di pittore decoratore con capi d’arte scelti tra i migliori del paese, mentre si deliberava anche quello di marmista intagliatore. Nel 1904 la scuola riceve la visita del Ministro di Agricoltura Industria e Commercio che soddisfatto dei risultati promise di aumentare il contributo della stato e di dare con un nuovo più appropriato statuto maggiore incremento alla istituzione. Edgardo Zauli Sajani, era un artista di ampie vedute,  orgoglioso della scuola  che dirigeva. Lui stesso girava per la Velletri dei primi anni del XX secolo alla ricerca di piccole promesse dell’arte da portare la sera nelle austere aule di Via Luigi Novelli Scoprì Roberto Guidi a modellare l’Adamo di Michelangelo, nella bottega di un marmista di Velletri, Marcello De Rossi a dipingere nella Bottega dello Scolaro in Via del Comune, Cavour Corsetti  a lavorare nel negozio dei suoi genitori lungo il Corso. Coltivò queste giovani promesse, portandole a scuola e furono loro i naturali prosecutori nella conduzione della Scuola Serale trasformandola in una delle eccellenze del territorio. Velletri ha dato i natali ad un illustre artista,diventata famosa in Francia, mi riferisco a Juana Romani . Nata a Velletri con il nome di Carolina Carlesimo, si trasferì a Parigi con il patrigno Temistocle Romani e la madre nel 1877. La famiglia si stabilì nel quartiere latino dove la bambina cominciò a posare per le grandi scuole d'arte. Ma la piccola Juana non era destinata ad occupare a lungo la modesta posizione di modella. Fu Colarossi il giovane che per primo prese serio interesse nel talento della giovane fanciulla tanto che la invitò a disegnare nella accademia di cui era direttore. Posò per la "Diana cacciatrice" di Alexandre Falguière nel 1882, per Carolus-Duran, per Jean-Jacques Henner e per Ferdinand Roybet con il quale collaborò.  All'età di diciannove anni, allo zenith del suo charm, “la Romani”, con tanto dispiacere dei suoi maestri, con decisione si ritirò dal piedistallo dei modelli per dedicare tutta se stessa esclusivamente alla propria arte. Cominciò ad esporre regolarmente ai saloni de "La Société des artistes français" dal 1888 al 1904 acquisendo notorietà anche come ritrattista di talento; si ricordano i ritratti della Principessa Juoachim Murat, della Duchessa di Palmella, di M.lle Gibson, di M.me Prètet, di M.lle Guillemet, di M. Roger Gouri du Roslan, di M.me Hériot, della Contessa di Briche, di M.me de Lurcy, di M.lle Claire Lemaître.  Fu bene accolta dalla critica; Louis Gonse ne "Le Monde moderne" nel 1896 scrive "Que cette jeune et sympathique artiste me pardonne de lui dire sans périphrases que je la trouve plus habile que M.Roybet lui-même". Accomunata dallo stesso destino della Camille Claudel fu internata in un manicomio dove morì nel 1924 nella più assoluta dimenticanza.  Fu bene accolta dalla critica; Louis Gonse ne "Le Monde moderne" nel 1896 scrive "Que cette jeune et sympathique artiste me pardonne de lui dire sans périphrases que je la trouve plus habile que M.Roybet lui-même". Accomunata dallo stesso destino della Camille Claudel fu internata in un manicomio dove morì nel 1924 nella più assoluta dimenticanza.

Nel 1905 Juana, torna a Velletri accompagna dai fratelli Lumiere e dal poeta Trilussa. Visita la piccola scuola nata solo trent’anni prima diretta in quel momento da Edgardo Zauli Sajani. Rimane entusiasta di questa nuova realtà e volle lasciare una rendita di 5107,20 perché si premiassero gli allievi meritevoli. Come gesto di riconoscenza per quell’atto nunifico il Consiglio Direttivo della Scuola volle che la stessa fosse intitolata all’illustre veliterna.  Il consiglio Comunale approvò tale richiesta e il Re Vittorio Emanuele III  ratificò il tutto con Regio Decreto. La Scuola passa alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione Il 1905 è un anno importante nella storia che vi stiamo raccontando. Oltre all’intitolazione, la scuola vede aumentare il contributo del Comune determinato in 2.980 lire.  Il nuovo statuto approvato dal Re nel decreto in cui oltre a regificare la scuola la erigeva anche in ente morale introduceva innovazioni importanti sull’andamento didattico spettante unicamente al Ministero, sui diversi insegnanti delle varie materie e sui maestri d’arte dei singoli laboratori, sulle attribuzioni del Consiglio Direttivo, sulle mansioni del direttore, sulla durata dei corsi e sulle modalità riguardanti gli alunni. In questo periodo viene fondato il laboratorio di plastica posto sotto la direzione del Prof. Edgardo Zauli Sajani.  La scuola partecipa alla Mostra Didattica di Roma meritando la medaglia d’argento, era il 1907, nel 1910 la mostra locale ebbe la visita entusiasta Il 14 Luglio 1912 con la legge 854 veniva emanato un nuovo regolamento per tutte le scuole professionali ed industriali del regno, e di conseguenza anche per la scuola Juana Romani. La classificazione doveva avvenire entro un determinato periodo di tempo ma il Ministero, con lettera del 30 Aprile 1915 n. 2133 rinviò ogni decisione in merito.Il Comune di Velletri aveva aumentato il suo contributo in L. 5000, la Provincia di Roma aveva stanziato L. 2000 annue 11 agosto 1919 e la Camera di Commercio di Roma L. 1000 (28 Agosto 1919);furono avanzate domande alle autorità superiori per ottenere la desiderata classifica quando arrivò un decreto speciale per la nostra scuola del 4 Luglio 1920 che la riorganizzava come Scuola Professionale ad orario ridotto. Il decreto disponeva che a mantenere la scuola fossero il Ministero di Industria e Commercio e Lavoro, il Comune di Velletri, la Provincia di Roma e la Camera di Commercio e prescriveva, oltre la durata del corso, le seguenti materie d’insegnamento: a)lavorazione pratica delle materie prime usate nelle arti b)disegno pittura e plastica ornamentali c)elementi di disegno architettonico d)cultura generale e) esercitazioni nei laboratori annessi alla scuola  Ma le riforme non erano finite con Regio Decreto del 21 Maggio 1924 la scuola di Velletri è inserita nell’elenco delle scuole che venivano riformate come Regie Scuole d’Arte alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione. Con questi decreti la scuola assume un ordinamento più completo e definito che rispondeva ancor di più alle volontà del suo fondatore che la volle come fucina di formazione per i giovani artigiani. ORLANDO ORLANDINI direttore dal 1935 al 1939 La direzione della scuola passa al Prof. Orlando Orlandini mentre segretario viene nominato Giulio Fralleoni. Il nuovo direttore infonde alla scuola un nuovo spirito sempre più consono al clima e alle esigenze della vita moderna.Nelle nuove esercitazioni si sono ottenuti risultati veramente soddisfacenti tanto che la mostra didattica del 1938 riscosse il plauso e l’ammirazione di tutta la cittadinanza e dei numerosi visitatori fra i quali lo stesso Ministro dell’Educazione nazionale Bottai. Furono venduti molti lavori esposti, e con il ricavato fu possibile costituire i primi fondi della cassa scolastica. Sotto la direzione del Prof. Orlandini la popolazione scolastica raggiungeva il numero di 160 iscritti. Per questo continuo e consolante sviluppo fu anche necessario ampliare la sede della scuola ed il Comune di Velletri concesse che venissero usate nelle ore serali quattro aule dell’attigua scuola elementare. Vengono introdotte materie di cultura generale si impartiscono gli insegnamenti di religione e culture militare, a norme delle disposizioni del regime, e si sono effettuate gite d’istruzione 1936 Roma – 1937 Firenze 1938 Venezia 1939 Mostra di Roma in modo che i giovani avessero agio di conoscere da vicino importanti opere d’arte che furono dettagliatamente illustrate dagli insegnanti. Durante queste visite gli alunni hanno eseguito disegni dal vero LUIGI MONTANARINI  direttore dal 1939 al 1941 Il 16 Ottobre 1939 la direzione della Scuola passa al Prof. Luigi Montanarini, nello stesso anno viene nominato Presidente il Prof. Mario Ciancia figlio del fondatore della scuola. L’opera di questo illustre figlio della nostra città a beneficio della scuola fu veramente breve, neanche riuscì a dargli un impronta facendo tesoro delle sue esperienze artistiche perché nel Gennaio del 1940 moriva. Venne allora nominato l’Ing. Felice Remiddi combattente di due guerre era il Giugno 1940il Presidente accettò la nomina in zona di operazione era impegnato in Africa, assunse la presidenza nel mese di Giugno del 1941 in un periodo di provvisorio rimpatrio. Inizia un periodo storico particolare quello della seconda guerra mondiale, dove l’arte certamente non era la priorità. La scuola sente i primi venti di guerra con lo spopolamento delle classi a causa del richiamo alle armi di numerosi giovani  TARQUINIO BIGNOZZI direttore dal 1941 al 1942 La direzione del Prof. Bignozzi titolare della Regia Scuola Artistica Industriale di Pesaro, inizia in piena guerra la popolazione scolastica è di 150 alunni per due terzi artigiani  e il resto studenti. Gli artigiani frequentano la scuola per la scuola per apprendere e perfezionare la conoscenza del loro mestiere ed entrare poi a far parte degli artigiani locali come mobilieri, fabbri, stuccatori,scalpellini e pittori decoratori.  Si registrano in questo periodo i primi allievi della scuola che hanno della scuola che hanno scelto di proseguire gli studi a Roma presso il Liceo Artistico e la R. Scuola Superiore d’Architettura di Roma. ENZO DAZZI Direttore dal 1942 al 1944 Nell’Ottobre del 1942 la Direzione viene affidata allo scultore Dazzi Enzo che per cause determinate dallo stato bellico non ha potuto svolgere un’attività corrispondente alle sue qualità artistiche. Il messaggero del Lazio del 9 Maggio 1943 pubblica un ampio servizio sulla scuola che merita di essere riportato integralmente: “ A sera quando il lavoro ha sosta, la gioventù operaia e artigiana, che tempra la materia nelle officine e nei cantieri, che rende feconda la terra, torna nelle aule, nei laboratori attrezzati, per apprendere quelle norme razionali, precise direttive e indirizzo che saranno di grande utilità per l’avvenire, per migliorare e farsi strada. Velletri ha una scuola che ha già formato artigiani provetti che si è distinta sia in manifestazioni che in ogni campo del lavoro, quando i suoi giovani hanno dimostrato di essere dotati di ingegno e cognizioni non certo comuni.  E’ la scuola del popolo, quella che ogni sera aduna centinaia di lavoratori giovanissimi che dopo le ore dedicate al mestiere si raccolgono nelle varie aule, per sentire dai vari professori e capi d’arte lezioni che sono intimamente legate all’attività che ogni giovane svolge nelle ore diurne. si è distinta sia in manifestazioni che in ogni campo del lavoro, quando i suoi giovani hanno dimostrato di essere dotati di ingegno e cognizioni non certo comuni.  E’ la scuola del popolo, quella che ogni sera aduna centinaia di lavoratori giovanissimi che dopo le ore dedicate al mestiere si raccolgono nelle varie aule, per sentire dai vari professori e capi d’arte lezioni che sono intimamente legate all’attività che ogni giovane svolge nelle ore diurne. La R. Scuola d’arte di Velletri si è sempre distinta e si è fatta apprezzare tanto che è ben conosciuta e stimata.
Il Presidente Ing. Felice Remiddi vi dedica ogni cura ed è pronto sempre a dare sviluppo ad interessarsi di ogni singola iniziativa, perché sa che Velletri tiene a questa scuola e che questa scuola ha tanto contribuito alla valorizzazione di energie velletrane che si sono distinte e fatto onore. Il Presidente specie ora che si stanno compiendo lavori di risanamento e restauro ha svolto un interessamento prezioso che ha richiesto tempo ed anche fatica. Abbiamo sere or sono visitata la scuola mentre la “Giornata della Tecnica” mostrava ancora una bellissima mostra di lavori compiuti con quell’arte scrupolosa, con quella cura particolare che invitiamo a sostare e ad ammirare con meraviglia e piacere. Abbiamo notato una trasformazione, una sistemazione dei locali rispondente allo sviluppo alle esigenze, al decoro di un si importante istituto d’istruzione creato per il popolo. Ecco gli uffici della presidenza e direzione, lindi, puliti con mobili di effetto, moderni eseguiti nella scuola e con la Segreteria messa a nuovo con gusto, ecco la sala di esposizione dove gruppi di ferro battuto, pitture, lavori in tarsia fanno bella mostra e indicano il profitto degli allievi che ogni sera frequentano le varie specialità a seconda dell’inclinazione o passione. La sala di pittura è anche a posto, con pavimenti nuovi, pareti e oggetti necessari, la sala di scultura, la grande aula di disegno, mostrano i lavori in corso tra cavalletti tavole ecc. Quando sarà terminata l’aula centrale si mostrerà in tutta la sua ampiezza, luminosità e formerà quell’ampio salone che sarà dedicato alle grandi manifestazioni della scuola che dovrà dare nuove soddisfazioni a Velletri. Occorre viverci vicino, curarla come cosa cara,affezionarsi, essere a contatto con ogni allievo, tutte le sere per sentire la bellezza di questa istituzione e per darle potenti soffi di vita e di floridezza. Una volta dedicatosi sarà difficile viverci lontano, non tenerla in ogni ora del giorno davanti agli occhi. Dirige oggi la scuola il Prof. Enzo Dazzi. Velletri dovrà ancora di più sentire la necessità di questa sua scuola, che porta vantaggi, benefici non trascurabili e non lievi, tra le classi popolari della città. Più interessamento da parte dei genitori che dovrebbero sapere per esperienza dovuta al loro lavoro, quanto sia importante apprendere nozioni per completare e per formarsi. Quindi non sarebbe male che iscrizioni e frequenza fossero controllate, e fossero tra i principali doveri di ogni lavoratore, artigiano velletrano, di ogni buon padre di famiglia che desidera vedere sistemato e bene ogni figliuolo. Per la “Giornata della Tecnica” la scuola ha organizzato una bellissima mostra che ha richiamato una folla di visitatori che si sono congratulati con dirigenti, insegnanti, capi d’arte e allievi. In questi giorni ci dice il rag. Fralleoni che è attivo segretario della scuola si sono svolte altre cerimonie di particolare importanza. Ricorda le celebrazioni di Carmelo Borg Pisani tenuta da un giovane allievo Remiddi Augusto che ha rievocato con belle frasi piene di fede il materie dell’italianità di Malta. Lunedì poi i giovani hanno ricevuto il precetto pasquale nella Chiesa di S. Martino con una funzione del Parroco P. Italo La razza che è riuscita solenne. Visitiamo ancora aule,laboratori, mentre gli strumenti di lavoro hanno anche in queste aule la più grande glorificazione. Dall’incudine alla “pialla” che stride sul legno, al pennello che si posa sulle tele è tutta una visione della giornata del lavoratore italiano dell’artigiano è tutta una visione della potenza della nostra Italia. Nella fucina di Velletri molto si lavora e ben si tempra per la patria” VELLETRI DISTRUTTA DAI BOMBARDAMENTI MARCELLO DE ROSSI DIRETTORE DELLA SCUOLA Dall’ 8 Settembre 1943 al 2 Giugno 1944, Velletri si trova nel mezzo delle operazioni belliche per la liberazione di Roma. Sono dieci mesi che muteranno la gloriosa storia della città e della scuola. La bella Velletri fiera del suo glorioso passato con le sue stupende testimonianze rinascimentali – barocche viene ferita per la prima volta dalle bombe “amiche” l’ 8 Settembre 1943. Ad essere colpita la zona sud Piazza Mazzini, i vicoli circostanti e la chiesa cattedrale. Inizia così un lungo calvario che segnerà per sempre la popolazione mutando il volto urbanistico del centro storico. Nel mese di Gennaio del 1944, a causa della sua vicinanza a Roma Velletri subisce tutte le operazioni di copertura dello sbarco di Anzio ed è in prima linea dopo nella battaglia per la capitale. Il 22 Gennaio 1944 un cruento bombardamento di una mattinata, riduce il centro storico in macerie seminando morte e distruzione. Alla fine delle ostilità il 2 Giugno 1944, Velletri era irriconoscibile, ma la voglia di rinascere era tanta. La Juana Romani, grazie al suo presidente Felice Remiddi, fu la prima scuola ripartire. Questo avvenne a Roma in locali messi a disposizione dal Ministero, dove Livio Rondoni e Marcello De Rossi fecero ripartire le attività didattiche.Nel mese di Ottobre del 1944 la scuola torna da Roma ma la sede di Via Luigi Novelli era totalmente inservibile, delle attrezzature neanche un chiodo le assi del pavimento divelte per farne delle bare. Il Presidente apre l’anno scolastico 1944/45 insieme ad alcuni insegnanti che non avevano incarichi ufficiali ma volentieri si prodigarono per la ripresa delle lezioni con attrezzature di fortuna e un martello avuto in prestito in un solo grande ambiente adibito ad aula scolastica. Nel mese di Novembre del 1944, si manifesta la necessità di provvedere alla direzione della scuola, in quanto  Enzo Dazzi come scrive in una lettera Felice Remiddi: “continua ad essere assente dal 20 Gennaio 1944 e continua a disinteressarsi della scuola” Sempre Remiddi nella stessa lettera dice che ha intenzione di affidare la direzione al giovane insegnante Marcello De Rossi, che avrebbe conseguito la laurea in Architettura nel Novembre 1944  Prot. N.102/139 Velletri 22 Novembre 1944 All’On,le Ministero della Pubblica Istruzione Direzione Generale delle Arti Roma Questa scuola ha regolarmente ripreso le lezioni dal giorno & cm. Gli alunni iscritti ascendono a 60, i frequentatori a 40. Si ritiene che tali cifre aumenteranno con il graduale ritorno della popolazione civile in Velletri. Nessun altra scuola, per diversi motivi, funziona in Velletri. Il corpo insegnante è stato assunto in base alla graduatoria di cui alla lettera in data 25 Settembre 1944 trasmessa per conoscenza anche a codesta direzione. Il Direttore Dazzi continua ad essere assente dal 20 Gennaio c.a. e a disinteressarsi della scuola. Questa presidenza ha ritenuto pertanto di affidare le funzioni di Direttore al Prof. De Rossi Marcello, insegnante di disegno professionale. Vi preghiamo di voler determinare quale retribuzione dobbiamo corrispondere al prof. De Rossi per questo incarico. Dopo gli eventi bellici il materiale didattico e di laboratorio potuto recuperare è assai modesto e con esso non può assicurarsi il proficuo svolgimento delle lezioni. Si chiede a codesta Direzione di voler erogare una somma straordinaria per acquisto di materiale didattico e di laboratorio; dati glia attuali costi tale somma non dovrebbe essere inferiore a lire 100.000 (centomila) e le spese sarebbero naturalmente di volta in volta documentate. Questa presidenza ha già dovuto provvedere ad alcune spese urgentissime per sgombro di macerie, recupero materiale didattico, per chiusura brecce, provocate da granate nelle murature, per pulizie, per sommario impianto elettrico, il tutto per una spesa di L. 9.108. Occorre ancora provvedere alla ultimazione dell’impianto elettrico acquisto lampadine (necessarie perché l’orario d’insegnamento è serale) fornitura di vetri almeno nei locali più usati e per altre sistemazioni urgenti. Si prevede una spesa di L 25.000 circa. Si prega codesta Direzione di voler assegnare per i titoli di cui sopra un contributo straordinario di L, 34.100. Durante il corrente anno scolastico questa presidenza ha fiducia di poter riprendere in pieno le attività della scuola come per il passato se non mancheranno i contributi richiesti a codesta direzione.
Nel momento in cui a Velletri si lavora in pieno per la ricostruzione della tanto danneggiata città e più forte che mail il bisogno di educare i giovani artigiani. Con ossequio Il Presidente Ing. Felice Remiddi.  Prot. N 151 Velletri 22 Novembre 1944 All’On,le Ministero della Pubblica Istruzione Direzione Generale delle Arti Roma Questa scuola ha regolarmente ripreso le lezioni dal giorno 6 c.m. Gli alunni iscritti ascendono a 60, i frequentanti a quaranta. Si ritiene che tali cifre aumenteranno con il graduale ritorno della popolazione civile in Velletri. Nessun’altra scuola, per diversi motivi, funziona attualmente in Velletri.. Il corpo insegnante è stato assunto in base alla Ministeriale n° 85 del 31 Agosto 1944 e secondo la graduatoria cui alla lettera inviata il 25 Settembre 1944 trasmessa per conoscenza anche a codesta direzione in data 25 Settwembre u.s. Il direttore Dazzi continua ad essere assente dal 20 Gennaio c.a. e a disinteressarsi della scuola. Questa presidenza ha ritenuto pertanto di affidare le funzioni di Direttore al Prof. De Rossi Marcello, insegnante di disegno professionale e che conseguirà la laurea in architettura entro il corrente mese. Il De Rossi non solo si è sempre da vari anni vivamente interessato al buon andamento didattico e amministrativo della scuola, ma ha anche collaborato con il sottoscritto al recupero del materiale salvato dopo gli eventi bellici e il riordino dei locali per la riapertura della scuola. Ha molta comunicativa conosce bene l’ambiente artigiano locale artigiano locale dal quale è apprezzato e benvoluto. E’ autore di uno studio  per il piano regolatore di questa città. Vi preghiamo di determinare quale retribuzione corrispondere al De Rossi per questo incarico. Il Presidente Dott. Ing. Felice Remiddi. Il periodo della ricostruzione della città è anche il periodo della ricostruzione della scuola. La lettera del Presidente Remiddi, parla chiaramente delle difficoltà, incontrate appena riportata la scuola da Roma. Ma il giovane direttore, insieme all’amico di sempre Livio Rondoni non si è mai arreso. Nell’autunno del 1945 il salone centrale viene restaurato; lo stesso oggi intitolato a Marcello De Rossi che è stato ed è il nodo centrale delle attività d’insegnamento, di conferenza e di esposizione. Col tempo le attrezzature si perfezionano e si completano, i laboratori vengono parzialmente ripristinati, tutta la scuola cresce e la popolazione scolastica è in aumento  1950/51 primo corso diurno Con l’anno scolastico 1950/51 il direttore dà inizio al corso diurno come tentativo per la formazione di un nuovo ordine di studi più completo dal punto di vista culturale, e soprattutto in considerazione del disegno di legge che prevede la classificazione delle sole Scuole d’Arte diurne. Il primo corso diurno potrebbe essere letto storicamente come un normale punto d’arrivo. Ma invece fu il frutto di una lotta condotta con rara passione da parte del Direttore. Marcello De Rossi riesce a superare ogni ostacolo è da notare che fino a questo momento la scuola non rilasciava alcun titolo di studio avente valore legale, ma si preoccupava di dare una formazione in senso lato tecnico – artistica agli allievi, proponendosi di inserirli direttamente nel mondo del lavoro. Nel 1953 al completamento del terzo anno diurno si ottiene la classificazione e il giovanissimo Maurizio Galderisi viene nominato segretario economo della scuola. Inizia qui una grande amicizia e un proficuo rapporto di collaborazione che vedrà De Rossi e Galderisi combattere una sola ed unica battaglia la crescita della scuola e trasformarla in una vera e propria eccellenza.


Gli Istituti d’arte di Anzio – Tivoli – Priverno
La trasformazione da serale a diurna può essere considerata per la scuola il passaggio dall’infanzia alla maturità nuove possibilità didattiche si aprono ad essa, maggiori prospettive per gli alunni. Dal 1954 al 1960 si tengono numerosi convegni per studiare la nuova struttura didattica che potesse completare al meglio la formazione di un maestro d’arte o di un insegnante d’arte applicata. Questo è anche il periodo della battaglia per il raggiungimento della qualifica definitiva di Istituto d’Arte con il corso strutturato in tre anni inferiori equivalenti alle scuole medie e tre anni superiori per il conseguimento del diploma di maestro d’arte. Nel 1958 per incarico ministeriale l’Istituto d’Arte di Velletri tiene l’amministrazione delle nuovo scuole d’arte di Anzio – Tivoli e Priverno, incarico svolto con rara passione e competenza dal Rag. Maurizio Galderisi.  1960 nasce l’Istituto Statale d’Arte”Juana Romani” Nel 1960 in base alla legge n 2106 del 30 Gennaio 1962 avente decorrenza retroattiva dal 1 Ottobre 1960 la Scuola d’Arte Juana Romani diviene Istituto Statale d’Arte Juana Romani. L’architetto Marcello De Rossi, cessa le sue funzioni di direttore per assumere quelle di Preside. Il nuovo corso di studi comprende tre anni corrispondenti alla scuola media e tre anni per il conseguimento del diploma di Maestro d’Arte o Insegnante d’Arte Applicata. Con tale titolo si accedeva direttamente all’accademia di Belle Arti per la pittura, la scultura e la scenografia; con esami integrativi alla Facoltà di Architettura; si poteva inoltre conseguire l’abilitazione all’insegnamento delle Arti Applicate negli Istituti d’Arte; svolgere un lavoro altamente qualificato presso le Industrie o intraprendere un’attività artistica professionale. Nasce la Scuola Media Annessa Con l’anno scolastico 1963 – 64 prende l’avvio la nuova Scuola Media dell’obbligo, di modo che l’Istituto d’Arte riduce il suo corso di studi a tre anni cui si accede dopo aver conseguito il diploma di Licenza Media.  Permanendo però l’esigenza specifica di una preparazione in vista dell’accesso all’istituto d’arte contemporaneamente all’istituzione della Scuola Media dell’Obbligo, viene creata la così detta Scuola Media Annessa all’ istituto d’arte, la quale con particolari programmi rispetto alla scuola media che chiameremo “normale” prepara gli allievi in modo particolare in vista del proseguimento degli studi all’Istituto d’Arte. Oggi la Scuola Media, non più annessa all’Istituto d’Arte in virtù delle recenti riforme scolastiche è intitolata a Marcello De Rossi, grazie alla volontà del Preside Prof. Giglio Petriacci che volle questa intitolazione in riconoscenza del grande lavoro svolto dall’architetto a favore dell’istruzione dei giovani veliterni.  L’istituzione del biennio per il conseguimento del diploma di maturità d’arte applicata.In questo particolare momento storico, si pone per il Preside Marcello De Rossi, una necessità ben precisa, quella di dare agli allievi che avevano completato il corso di studi un diploma valido al pari di quello rilasciato dalle altre scuole superiori. Inizia in questo momento una nuova battaglia conclusa nel 1970 con l’istituzione de corso biennale sperimentale che si poneva a completamento del triennio preesistente. Alla fine dell’anno scolastico 1971/72 gli allievi sostengono il primo esame di maturità per il conseguimento del diploma di maturità d’arte applicata. E’ la prima volta che l’Istituto rilascia un diploma di maturità riconosciuto a tutti gli effetti: ben si comprende quale tappa importante costituisca questa data nella sua storia L’entrata in vigore dei decreti delegati Con l’entrata in vigore dei decreti delegati si sono svolte le prime elezioni per la nomina del nuovo Consiglio d’Istituto tra i 14 consiglieri eletti è stato nominato Presidente il Sig. Normando d’Annibale. 16 Aprile 1975 con la prima riunione del Consiglio d’Istituto il presidente Ing. Felice Remiddi lascia l’incarico tenuto totalmente in forma gratuita dal 1941 Nell’anno scolastico 1970/75 viene costruito un nuovo e moderno edificio scolastico fuori Porta Napoletana dove prende sede la Scuola Media Annessa. Mentre l’Istituto Statale d’Arte resta nella storica sede di Via Luigi Novelli, nel 1976 si celebrano i cento anni dalla fondazione con una mostra e un catalogo restati nella storia. Tre anni dopo quasi quarant’anni di servizio alla direzione della scuola il Preside Architetto Marcello De Rossi lascia l’incarico per raggiunti limiti d’età. Non venne subito nominato un Preside di ruolo ma la scuola venne affidata a due reggenti prima il Prof. Ferdinando Fornaro e poi il  Prof. Franco Libanori che diressero la scuola fino al 1982 quando venne nominato Preside il Prof. Giglio Petriacci. Petriacci era già insegnante nella sezione di Oreficeria e Metalli ed aveva maturato esperienze direttive alla testa degli Istituti d’Arte di Castelmassa – Sciacca – Vasto – Anzio – Tivoli e Marino GIGLIO PETRIACCI preside dal 1982 al 1995 Nel 1982 il Prof. Giglio Petriacci, già insegnante della scuola nella sezione di Metalli e Oreficeria viene nominato Preside succede di fatto all’Architetto Marcello De Rossi. Petriacci, che ben conosceva la passione e la dedizione con cui il Preside De Rossi aveva condotto la scuola nei suoi trentacinque anni di servizio ha improntato la sua azione direttiva all’insegna della tradizione e della continuità. Nel 1988 dopo dodici anni dalla celebre mostra del centenario della scuola vuole fortemente una nuova esposizione la celebre “Isa 88” che vide aperti nuovamente i laboratori al territorio. Fu un evento di portata storica che portò all’interno della storica sede di Via Luigi Novelli centinaia di visitatori. Quando le sedi succursali della scuola si resero inagibili fu il Preside solidale con allievi e docenti a condurre una battaglia per ottenere gli spazi all’epoca occupati dalla scuola elementare. Grazie alla collaborazione con il Rotary Club e dell’ Ing. Tonino Acchioni già docente della scuola vennero assegnate tre borse di studio una per ogni sezione di laboratorio. La prima nel 1992 all’interno della prima mostra d’arte orafa allestita presso la sala conferenze della Banca Popolare del Lazio ed inaugurata dall’allora ministro del lavoro On.le Franco Marini. La seconda al termine della mostra didattica della ceramica allestita presso la galleria Il Cortile in corso della Repubblica e la terza con una valutazione interna degli elaborati. Prima di lasciare la presidenza della Juana Romani e tornare a Marino il Prof. Giglio Petriacci ha promosso una mostra mercato con alcune oreficerie in oro e argento degli anni settanta a scopo benefico sempre in collaborazione con il Rotary Club

















lunedì 13 febbraio 2017

Gli anni dello splendore

Gli artisti ex insegnanti che saranno ricordati nella 9 edizione della Mostra Triennale d’Arte e Artigianato “Marcello De Rossi” parte prima

GLI ANNI D’ORO

Iniziamo a parlare degli ex insegnanti che saranno ricordati attraverso le loro opere nella 9 edizione della Mostra Triennale d’Arte e Artigianato “Marcello De Rossi”, questa edizione raccoglie tre importanti ricorrenze il 140°anniversario della fondazione della Scuola,il 150 della nascita di Juana Romani e il 70 della prima mostra del dopoguerra. Per questo abbiamo voluto dedicare un settore della rassegna alle opere degli ex insegnanti della Juana Romani che hanno dato lustro alla scuola, ringraziamo per la collaborazione la famiglia De Rossi, Giuseppe De Rossi, la famiglia Maffettone ed Elena Corsetti, Massimo e Alberto Guidi, Giancarlo Zampini. Roberto Guidi,nasce a Velletri il 28 Maggio del 1922, aveva solo otto anni, quando suo padre Alberto, che faceva il tipografo lo manda come apprendista in una bottega di marmi a Velletri. Qui il Prof. Edgardo Zauli Sajani, all’epoca direttore della Scuola Serale di Disegno Applicata alle Arti e Mestieri Juana Romani lo trova a modellare l’Adamo di Michelangelo.Capita la sua abilità lo convince a frequentare la scuola, qui Roberto si afferma tra gli altri ragazzi, tra i tanti ricordiamo Italo Ciocchetti – Marcello De Rossi stesso – Livio Rondoni. Era innata in lui l’arte del modellato, tanto che venne scelto pochi anni prima della guerra per compiere un’opera importante il busto del Duce da porre nella sala delle lapidi del Palazzo Comunale. Nel 1938 realizza l’opera con la promessa di un contribuito da parte del Comune di Velletri di 150 lire Ma questa somma è protagonista di un curioso aneddoto che vi racconterò più avanti. Era bravo Roberto,tanto che il direttore Orlandini lo invia a rappresentare la scuola ai Littoriali del lavoro a Torino. Nonostante fosse arrivato in ritardo il giovane Guidi porta a casa la vittoria. Una vittoria di cui andava orgoglioso e che raccontava ogni volta ne aveva occasione. La prima affermazione di Guidi, preludio di una grande carriera sia come insegnante che come artista Intanto i venti di guerra soffiavano in Italia e Guidi viene richiamato alle armi, doveva partire e chiese al direttore della scuola Bignozzi la liquidazione della somma di 150 lire che puntualmente arrivò, ma non sappiamo se il Comune di Velletri abbia mai effettivamente pagato quel busto, avendo trovato tra le carte del maestro una richiesta del direttore della scuola al podestà per aver essere rimborsato. Nel 1944, venne nominato Direttore della Scuola Serale di Disegno Applicato alle Arti e Mestieri “Juana Romani” un giovane architetto, neolaureato Marcello De Rossi già allievo e docente della stessa scuola. Il lavoro da fare era enorme per riprendere appieno le attività didattiche la storica sede di Via Luigi Novelli era completamente in rovina. Non c’erano neanche più gli assi del pavimento divelte per fare le bare. Marcello De Rossi, forte del suo entusiasmo giovanile e della passione per la scuola, con la collaborazione dell’amico di sempre Livio Rondoni iniziarono subito a lavorare per riportare la scuola da Roma. Nessuno tranne il direttore aveva un incarico ufficiale, ma lavorarono lo stesso, fu Livio Rondoni a contattare Roberto per offrirgli l’incarico di insegnare discipline plastiche. Guidi, non ebbe problemi ad accettare ed inizia in questo modo il suo lungo rapporto con la scuola terminato nel 1992. Per lui la Juana Romani, era una seconda casa, viveva la sua esperienza di insegnante con grande entusiasmo e preparazione, era tenero come un padre con i suoi ragazzi che ne servono un grato ricordo Per lui tutto era facile, non c’era difficoltà alcuna, come ricordava il maestro d’arte Elisabetta Giraldi sua allieva spiegava il tornio come spiegasse il modo di bere un bicchiere d’acqua. Il suo modo di intendere l’arte del modellato prima e della ceramica poi era in piena sintonia con le vedute e le aspirazioni dell’Architetto De Rossi che mirava a portare la scuola ad essere una vera eccellenza creando quel qualcosa in più che gli altri non avevano. Questo lo si vede nella ceramica prodotta sotto la sua guida che ha reso la celebre mostra triennale della scuola un vero evento di portata nazionale. Arrivarono in quel periodo insegnanti validi e capaci come Luigi Gheno, Paolo Tibaldi, Salvatore Passeretta che insieme a Roberto hanno portato la sezione di Ceramica della Juana Romani ad essere una delle prime nel Lazio. Sono stati formati da Guidi artisti come Maurizio Orsolini anche lui insegnante a Velletri e poi ad Anzio Enzo Maone, Rossana Tubani. Si trattava di una vera expo d’arte e artigianato che ogni tre anni faceva riflettere sul valore delle scuole d’arte e di cosa si produceva in esse. Grazie alla passione dei grandi maestri della Juana Romani sono venuti ad inaugurare le mostre noti personaggi del mondo politico e culturale del momento. Tra i tanti ricordiamo il Prof. Giulio Carlo Argan all’epoca Sindaco di Roma noto critico d’arte che scrisse sul registro della mostra quella frase che il Preside De Rossi  fece diventare il motto della scuola …e se un prodotto esteticamente bello esercita una funzione educativa quale ne sia il grado e il carattere è chiaro che esso non può essere a sua volta il frutto di una educazione estetica … Gli ultimi anni della sua carriera di insegnante Guidi li trascorre lavorando con i suoi ragazzi, producendo un tesoro di oggetti in ceramica che oggi è il nucleo più importante del patrimonio della scuola. Lui stesso curava l’esposizione degli oggetti nelle stesse vetrine dove ancora oggi si trovano, era ed orgoglioso del lavoro svolto. Tanto da illustrarlo con entusiasmo a quanti entravano nel suo laboratorio. Gli ultimi anni della sua carriera di insegnante Guidi li trascorre lavorando con i suoi ragazzi, producendo un tesoro di oggetti in ceramica che oggi è il nucleo più importante del patrimonio della scuola. Lui stesso curava l’esposizione degli oggetti nelle stesse vetrine dove ancora oggi si trovano, era ed orgoglioso del lavoro svolto. Tanto da illustrarlo con entusiasmo a quanti entravano nel suo laboratorio. Il suo regno per quasi mezzo secolo. Dopo la pensione scopre la passione per la pittura e il disegno aprendosi uno studiolo sotto casa. Qui ricrea il suo laboratorio lasciato con sofferenza nel 1992 anno del suo addio alla scuola ed inizia a produrre una serie di sculture e di quadri di rara bellezza e di straordinaria capacità tecnica. Nel 2000 realizza per la chiesa di S. Martino la copia della bella immagine della Madonna della Portella trafugata nel 1975 e mai ritrovata, lavorando per intuito in base ad una sola descrizione a colori della tavola. Per riprodurla Guidi aveva a disposizione solo un immagine in bianco e nero. Importante è anche il suo crocefisso realizzato per la Chiesa di S. Lorenzo. LUIGI GHENO Nasce nel 1930 a Nove di Vicenza. Vive e lavora a Roma. Frequenta l'Istituto d'Arte, i corsi di Magistero a Venezia, l'Accademia delle Belle Arti a Roma. Insegna nel 1956 e nel 1957 all'Istituto d'Arte di Comiso, nel 1957, 1969, 1970 all'Istituto d'Arte di Velletri e dal 1970 al Terzo Liceo Artistico Statale di Roma; nel 1979 è incaricato presso l'Accademia delle Belle Arti di Brera. Partecipa alla Biennale di Venezia (1956), alle Biennali di Gubbio (1956, 1958, 1960), alle Quadriennali di Roma (1960, 1964), ai Premi Termoli (1963, 1964, 1965, 1966, 1969, 1970), alla Biennale Nazionale di Arti Figurative di Verona (1967), alla Biennale di Roma al Palazzo delle Esposizioni (1968), a Dokumenta di Kassel (2002).  Presenta numerose mostre personali tra cui quella alla Galleria Il Prisma di Milano (1959), alla Galleria Schneider di Roma (1968), alla Kunstverein di Colonia (1969), alla Galerie de Sfinxs di Amsterdam (1969), alla Galerie d'Art l'Angle Aigu di Bruxelles (1970), alla Galleria Il Canale di Venezia (1970), a Piazza Margana a Roma (1971), al Giardino della Guastalla a Milano (1972), al Place du Louvre a Parigi (1979). Tra i numerosi progetti per opere permanenti in spazi pubblici realizza un intervento urbanistico sulla Cristoforo Colombo con tre sculture monumentali (1990) e un'opera scultorea in Piazza dei Navigatori a Roma (2000).  A conferma della critica del suo percorso artistico riceve diversi riconoscimenti ufficiali tra cui: il Premio alla Biennale di Gubbio (1956, 1958), il Premio Termoli per la Scultura (1964), il Premio del Ministero della Pubblica Istruzione (1964), la Medaglia d'Oro alla Biennale Nazionale di Verona (1967), il Premio Tiber-Rhein e Medaglia d'Oro a Colonia (1969), il Premio al concorso per le sedi INPS di Arezzo, Siracusa e Como.  E membro dell'Accademia Nazionale di San Luca dal 1989. La collaborazione dell’artista con l’architetto Marcello De Rossi, ha portato alla nascita di due bellissimi monumenti ai caduti civili della seconda guerra mondiale. Il primo realizzato ad Aprilia e il secondo a Velletri, con elementi ceramici progettati e realizzati da Gheno stesso mentre le parti architettoniche in cemento ideate da Marcello De Rossi per quello di Aprilia, per quello di Velletri sempre da De Rossi, ma in collaborazione con Livio Rondoni.  VALERIO DE ANGELIS  Scrivere in una pubblicazione sulla storia dell’Istituto Statale d’Arte Juana Romani del Prof. Valerio De Angelis per noi semplicemente Valerio è particolarmente difficile. La sua scomparsa avvenuta prematuramente il 31 Maggio del 2000 ha sconvolto tutta la famiglia della scuola e ancora oggi è difficile da accettare. Si tratta di un uomo che come ho avuto modo più volte di scrivere visse d’arte. L’arte per lui era una vera ragione di vita, con l’arte Valerio ha trascorso gran parte della sua esistenza vissuta tra la frequenza e l’insegnamento presso l’Istituto d’Arte e la sconfinata produzione pittorica e scultorea realizzata mel suo studio prima in Via del Corso e poi sotto casa in Viale Roma. L’arte di De Angelis nasce in primo luogo come grafico in Rai,ma per lui gli schemi rigidi del lavoro da tavolo iniziarono molto presto ad essere stretti. Appena ottenuto l’insegnamento d’arte muraria presso la Juana Romani lascia la Rai e da sfogo a quella che è la sua prima passione la fotografia. Nel contempo però inizia a produrre lavori a china, acquerello per arrivare poi agli ultimi ad olio, tempera, sculture in legno ed in vetro fuso. Ma prima di parlare della sua arte, mi sia consentito parlare del de Angelis insegnante, prendo a pretesto una frase scritta dalla figlia Cristina sul catalogo della sua antologica un professore fuori dai canoni.. Questo era Valerio. Mi ritornano in mente fotogrammi di vita scolastica. Quando timidi ragazzini di terza media entravano per la prima volta a Via Novelli era il suo sorriso e la sua bontà a farci superare il timore del crescere. Non era facile fare il salto dalle medie alle superiori. Non ci faceva sentire la distanza tra la cattedra e i banchi, anzi l’annullava totalmente sostituendola con un rapporto di stima e amicizia che ci permetteva di essere liberi ma nello stesso tempo controllati. E’difficile scrivere su di un foglio di carta cos’era Valerio per noi. Un amico? Un secondo genitore? Un fratello maggiore? Ma potrei dire tutte e tre le cose. Se eravamo in difficoltà ci aiutava anche rischiando del suo. Ormai lo posso dire. Durante un esame di riparazione si fece dare il compito da un insegnante di matematica per aiutare un ragazzo che aveva consegnato in bianco,facendolo copiare in bianco dopo averci fatto montare di guardia a me ed un altro allievo sul portone d’ingresso per controllare l’arrivo del preside. Quante volte ci pagava la pizza che sui scaldava categoricamente a ceramica dopo esserci ben accertati che il Prof. Guidi non era nei paragi. Molto spesso ci coinvolgeva nell’organizzare le sue mostre portandoci con lui a montare e smontare quanti quadri, quante sculture avremmo caricato, come contarle. Ma lo facevamo con gioia, non potevamo dirgli di no, lui c’era per noi e noi non potevamo non esserci per lui Ci ha educati al rispetto della scuola e ci ha trasmesso l’amore per questa antica e nobile istituzione di cui andava fiero e di cui oggi siamo noi ad andare fieri. Valerio De Angelis artista? Bella domanda alla quale non è facile dare una risposta, perché le risposte potrebbero essere tante e molteplici. Posso tranquillamente affermare che si tratta di un arte quella di De Angelis basata sulla continua ricerca un cammino mai interrotto, se non il giorno della sua morte. Appassionato di fotografia, autore di pregevoli lavori a china, acquerello per concludere anche se mai avesse pensato di farlo così presto con tempere, oli scultura in legno e vetro. Lui sosteneva che anche da un segno poteva nascere un lavoro un pezzo che sviluppato dava delle creazioni veri e propri calendoscopio  di colori. Giocava con il colore,come un bambino attratto dalla bellezza e dalle diverse cromature. De Angelis aveva ricevuto la sua formazione presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma con docenti come Renato Guttuso, qui ebbe modo di seguire con particolare profitto il corso di scenografia. Valerio si tenne aggiornato sulle avanguardie del settore nel suo studio pieno di quadri e di cartelle di grafica si trovavano riviste palesamente segnate dalla consultazione. Era schivo alla mondanità come già detto egli divideva la sua giornata tra al scuola e lo studio che non chiudeva mai ad amici,colleghi,allievi ed ex allievi. Non lo vedevi mai ad inaugurazioni di mostre, di gallerie amava invece lavorare e produrre sempre cose nuove. Le opere risalenti agli anni sessanta ci dimostrano una bella padronanza del disegno che testimoniano la sua attività di grafico. La serie di disegni a china con disgiunte valenze propriamente pittoriche con interventi ad acquerello e/o pastello testimoniano la passione per l’espressionismo tedesco non meno della grande incisione sette – ottocentesca giapponese. Tra il 1963 e il 1964 Valerio realizza due piccoli oli dove si vede la sua ricerca di una strada che in questo primo momento si avvicina alle suggestioni picassiane. Una tela del 1975 tutta gremita di volti di una folla metropolitana rivela l’interesse di Valerio per i temi sociali e di sfondo veristico che da li a poco la transavanguardia avrebbe teorizzato e fatte proprie. Negli anni ottanta Valerio privilegia i registri figurali con speciale riguardo alla figura umana ma di chiara ispirazione surrealista .L’ultimo decennio quello dal 1990 al 2000 anno della sua morte vede Valerio impegnato nell’astratto connotato dalla presenza di elementi quadrettati che divengono una costante nella sua pittura. MARCELLO ZAMPINI Purtroppo la sua vita e la sua carriera scolastica, sono state molto brevi, ma hanno lasciato una traccia indelebile nella storia che vi stiamo raccontando. Zampini architetto è stato anche un uomo impegnato attivamente nella storia politica cittadina. Militante dell’allora P.C.I ha ricoperto più volte la carica di consigliere e assessore. Purtroppo un drammatico incidente stradale nel 1976 lo ha tolto all’affetto della famiglia della città e della scuola. Di recente grazie alla disponibilità del figlio Giancarlo abbiamo potuto apprezzare le sue opere pittoriche in gran parte inedite.  Come abbiamo detto le opere di Zampini sono state una sorpresa, mentre il Prof. Giuseppe De Rossi, suo compagno di scuola ha raccontato numerosi aneddoti, che hanno contribuito alla riscoperta del suo lavoro e della sua personalità Fu uno degli animatori dell’arte veliterna degli anni settanta e settanta, diede vita con gli amici compagni di scuola a mostre e gare di pittura, come quella in una festa dell’Uva del 1964 che gli costò la vittoria.  Il premio era una mostra a Roma, peccato che i quadri non arrivarono mai perché caddero dal porta pacchi della macchina rovinando a terra. GIUSEPPE VITTORIO PARISI Si tratta di uno dei maggiori artisti contemporanei, amico di Alberto Burri e di Capogrossi, ha avuto un percorso artistico come tanti suoi contemporanei, che dopo aver conosciuto la fame arrivati a Roma sono riusciti ad affermarsi.  Parisi era nato a Maccagno, nel 1915, seguendo i trasferimenti del padre maresciallo dell’arma, passa alcuni anni ad Udine. Nel 1924, arriva a Milano dove da inizio ai suoi studi artistici. Frequenta da prima la scuola umanitaria, poi l’Istituto Superiore d’Arte del Castello Sforzesco. Nel 1936 espone per la prima volta a Milano presso la Galleria “La Rotonda” l’anno dopo con il fratello fonda a Milano il Circolo Artistico Internazionale. Nel 1938 esegue un grande pannello per la mostra istituzionale al Palazzo della permanente a Milano. Inizia in questo periodo a frequentare i grandi del suo tempo, come abbiamo detto in apertura Burri e Caporossi, Fontana, Carrà, Sironi e il grande Arturo Toscanini. Nel 1939 arriva a Roma e studia al centro sperimentale di cinematografia conseguendo il diploma in regia. Nel 1943 partecipa alla Quadriennale d’Arte di Roma e poi ad una lunga serie di mostre collettive, espone numerose volte anche in personali che furono apprezzate dalla critica e dal pubblico. Dal 1950 inizia ad insegnare negli istituti d’arte, sviluppando tra i ragazzi la passione per il bello, tra gli anni 60 e 70 organizza corsi liberi di educazione visiva presso il suo studio sull’Appia Antica. Agli inizi degli anni settanta dona una cospicua parte delle sue opere al costituendo museo parisi di Maccagno dove torna a vivere nel 1984, Muore a Roma nel Gennaio del 2009. GIOVANNI PENNACCHIETTI nasce a Jesi, nelle Marche, il 22 settembre del 1931. Nella città natale segue studi ad indirizzo tecnico, ha avuto la prima educazione di carattere grafico pittorico nello studio del pittore Giuseppe Coletta, suo insegnante di disegno nella scuola media, che aveva a sua volta frequentato a Napoli lo studio del pittore Antonio Mancini. Nel 1949 si trasferisce a Roma per continuare gli studi nel campo artistico, lavorando dal 1951 al 1954 nello studio dello scultore Teofilo Raggio.Dal 1955 al 1956 ha prestato il servizio militare come ufficiale di complemento. Ed è qui, a Roma, che avviene il suo incontro con i maestri del passato e  con le più recenti manifestazioni artistiche culturali, conosce Enea Lanari originario della sua terra e nasce una grande amicizia. Terminati gli studi, inizia un’intensa attività pubblicistica con scritti su quotidiani e periodici. Apre nel 1956 uno studio in Via Orti d'Alibert, dove raduna le sue opere di pittura e continua ad operare.  La sua attenzione pittorica, dopo un primo interesse destato dalla pelle della Roma antica, formicolante di un’umanità ricca d’umori, volge ad una più dura e profonda attività: quella della scultura. Ma come scultore, egli tiene ad essere il più inedito possibile. Dal 1957 in poi, all'attività e pittorica e scultorea, Pennacchietti alterna esperienze grafiche e incisorie. Ma è alla pittura che egli si dedica in modo particolare - specie a seguito del suo trasferimento dallo studio di Via Orti d'Alibert a quello della centralissima via dei Prefetti n. 17 nel 1968, frequentato da studiosi e artisti dei campi più disparati. Nonostante la sua intensa attività artistica conduce una vita parallela con lo stesso entusiasmo e dedizione per l'insegnamento, ultimo incarico preside del 4° liceo Artistico di Roma Alessandro Caravillani. Dal punto di vista della partecipazione ufficiale alle vicende dell'arte, egli può elencare una ben nutrita serie di esposizioni: dalla sua prima alla Babuinetta (Roma, 1957), alla seconda alla Marguttiana (Roma, 1959), alle collettive al palazzo dell'Esposizione e a palazzo Braschi, al 1° premio di pittura Rinascita Letteraria (Roma, 1959), alla collettiva "Pittori Marchigiani e 'Romani" a palazzo Salvago Raggi (Roma, 1959), alla mostra d'inaugurazione della galleria "Scipione" (Macerata, 1959), al "Premio Marche" (Ancona, 1961), Premio Ente del Turismo di Macerata (1962) ottiene un premio al concorso per l’opera d’arte all’ospedale Santa Chiara di Trento, espone alla Margherita (Roma 1969), alla Galleria Rocon e a Palazzo Braschi (Roma 1971) e di nuovo alla Rocon (Roma 1972 e 1973), alla galleria Plinio (Spoleto 1972) alla Galleria il Punto (Velletri 1980) dopo e alla galleria Canova (Roma 1973) dopo la sua morte esposizione L’Atesrisco (Jesi 1991) e esposizione presso lo spazio L4 del 4° liceo Artistico (Roma 1994).La storica d'arte Irene Kirimi Kisdègi della Galleria Nazionale Ungherese ha scritto vari articoli su Pennacchietti, il testo di un volume sulla sua grafica e ha fatto conferenze sulla sua opera, come quella di Nyrbatori nel 1972, ecc.  All'attività artistica di Pennacchietti si sono interessati, oltre al critico d'arte Raffaele Mazzarelli con una monografia - Ediz. Rinascita Letteraria - i critici di numerosi giornali, tra i quali: Arti, Classe, Corriere della Nazione, Cronaca di Caloria, Gazzetta del libro, Idea, il Messaggero, il Resto del Carlino, Il Popolo, L’Avvenire d’Italia, la Settimana a Roma, la voce della Vallesina il Tempo, Il Mattino, Il Giornale d'Italia, Voce Adriatica, Rinascita Letteraria e la RAI-Radiotelevisione Italiana. Profondamente legato alla sua famiglia che lo ha accompagnato in tutte le sue scelte di vita. Sposato nel 1960 con Ferretti Annamaria e ha avuto quattro figlie. SANTOLO MAFFETTONE nasce a Palma Campania il 15 Ottobre 1930. Pervenne alla pittura per naturale trasporto e un potente bisogno di estrinsecazione. Una vita interiore ricca e incontaminata, irruente come le forze della natura vergine, ma al tempo stesso delicata come i fiori di campo. Appunto tra i campi era nato e cresciuto Maffettone. Con gli anni egli seppe conservare intatta la sua naturale freschezza e la particolare sensibilità. Ribelle ad ogni canone e incurante di ogni moda passeggera, egli con il suo temperamento mostrò sicurezza d’intenti e padronanza d’espressione. La sua vita però è stata breve. Logorato dall’inquietudine dell’artista, si è spento all’età di quarantun anni, il 22 Settembre 1971 Nel 1967 la rima impressione che si riceva guardando un quadro di Santolo Maffettone è impressione di chiarezza, di chiarezza mentale soprattutto; di un pittore che sa quello che vuole nei limiti della sua ispirazione e conoscenza.  Secondo me è una tale chiarezza che dispone l'animo a riguardare più attentamente e a non appagarsi di un superficiale godimento che il gusto del colore suscita sia per le quasi sempre azzeccate tonalità intermedie, sia per la pacata sensualità delle stesure; basta che l'occhio si lasci guidare da una di quelle vene sottili che alimentano i ritmi dell'impianto compositivo per scoprire l'intimo gioco che anima la realtà nel concretarsi in immagine.  E' l'immagine, ecco, che par ti venga incontro per fissarsi nella mente, delineata nelle sue decise qualità che non sanno di espediente è  il  colore,  insomma,  inteso  come  via  di  accesso  alla  percezione che deve creare e ricreare ad ogni momento la medesima suggestione con nuovi apporti suggeriti, appun-to, dalla giusta e dosata vivacità di accostamenti e di insistenza tonali. Sono questi i termini della pittura, come ho detto, ma si deve aggiungere che in cedesti termini si ha uno spazio immenso ove la libera creatività dell'artista può provare e riprovare ad ogni fare il suo talento e la sua abilità. Maffettone mi pare sia nella fase di una maturità in cui alla sostanziale e nativa vocazione si aggiunge la proprietà dei mezzi espressivi sciolti da ogni convenzione non soltanto di scuola, ma, direi di tendenza o corrente o moda: pittura e basta, senza alambicchi o problematiche di quelle che troppi credono valide a far moderno e fanno, invece, solo il vuoto qualità che non sanno di espediente è  il  colore,  insomma,  inteso  come  via  di  accesso  alla  percezione che deve creare e ricreare ad ogni momento la medesima suggestione con nuovi apporti suggeriti, appun-to, dalla giusta e dosata vivacità di accostamenti e di insistenza tonali. Sono questi i termini della pittura, come ho detto, ma si deve aggiungere che in cedesti termini si ha uno spazio immenso ove la libera creatività dell'artista può provare e riprovare ad ogni fare il suo talento e la sua abilità. Maffettone mi pare sia nella fase di una maturità in cui alla sostanziale e nativa vocazione si aggiunge la proprietà dei mezzi espressivi sciolti da ogni convenzione non soltanto di scuola, ma, direi di tendenza o corrente o moda: pittura e basta, senza alambicchi o problematiche di quelle che troppi credono valide a far moderno e fanno, invece, solo il vuoto.  Perciò può permettersi il lusso di dare nel medesimo tempo e la musicalità scandita degli spazi e la definizione delle durate come in una superficie ove si alternino motivi molteplici, tutti  convergenti  però  a quell'unità  invisibile  ma presente che da concretezza ad una figurazione, all'immagine pittorica, vorremmo dire senza artifizi e raggiri. LIVIO RONDONI eccoci a parlare di un personaggio che la scuola l’amava sul serio. Allievo di Edgardo Zauli Sajani dal quale aveva appreso la passione per il disegno. Figlio di Giuseppe e nipote di Genesio Rondoni faceva parte di una famiglia che la storia cittadina l’ha scritta da protagonista. Grande appassionato di fotografia ha raccontato con i suoi scatti pagine importanti della storia che vi stiamo raccontando. Vice Direttore della Juana Romani per oltre un ventennio, negli anni sessanta è chiamato alla guida dell’Istituto d’Arte di Priverno e poi di quelli di Sanleucio Tivoli e Latina. E’stato per poco tempo assessore della Giunta Bernabei. Ritiratosi a vita privata nella sua abitazione di fronte all’Ospedale Civile li amava ritrovarsi al mattino con gli amici più cari per giocare a carte e ad ascoltare musica. Grande appassionato di musica classica era un uomo di vasta cultura con il quale si poteva parlare di qualsiasi argomento. E’ morto assistito dalla figlia Cristiana nel 2007 oggi riposa nel cimitero di Velletri. Cavour Corsetti già allievo della scuola, egli era uno che nel primo periodo, insegnò scultura agli allievi, trasferendo loro quella preparazione accademica che poi quando si iniziò ad introdurre la lavorazione della ceramica divenne preziosa per la realizzazione in fase di foggiatura e formatura degli oggetti. Si tratta di quello che oggi definiremmo lo scultore nel senso classico del termine, lavorava su più materiali dal gesso al cemento e al marmo. Nato a Velletri il 29 Luglio del 1900, fu il Prof. Edgardo Zauli Sajani a scoprire le sue doti artistiche e lo fece frequentare i corsi serali dell’allora Regia Scuola Serale di Disegno applicato alle Arti e Mestieri. Dal 1937 al 1970 insegnò discipline plastiche presso la Juana Romani, insegnò anche Disegno presso il Cesare Battisti e calligrafia alle scuole medie. Allievo prediletto dello Zauli, Corsetti ha lasciato una produzione non vasta ma importante di opere scultoree nelle quali si vede una straordinaria bravura nell’anatomia umana e nella ritrattistica anche dal punto di vista pittorico.  La figlia Elena conserva gelosamente le sue memorie, alcune opere sono state donate al Comune di Velletri e alla Scuola d’Arte, muore il 25 Gennaio 1977.  Il racconto proseguirà con altri personaggi che hanno dedicato la loro vita alla scuola, facendone un eccellenza a livello nazionale. Oggi questa loro testimonianza merita solo riconoscenza e da loro trae lo spunto per andare avanti, con i piedi ben saldi nel passato ma proiettati nel futuro





1947 – 2017 70 anni dalla mostra Triennale
“TROVAI UNA SCUOLA DI MACERIE”
Marcello De Rossi con questa frase ha sempre iniziato a raccontare la sua esperienza alla guida della Juana Romani. Si tratta del capitolo più importante della storia della scuola, tanta su la passione e i sacrifici che nel 1947 fu presentata alla città la prima mostra del dopoguerra, era il ritorno della scuola al suo ruolo di fucina di giovani artigiani

Dall’ 8 Settembre 1943 al 2 Giugno 1944, Velletri si trova nel mezzo delle operazioni belliche per la liberazione di Roma. Sono dieci mesi che muteranno la gloriosa storia della città e della scuola. La bella Velletri fiera del suo glorioso passato con le sue stupende testimonianze rinascimentali – barocche viene ferita per la prima volta dalle bombe “amiche” l’ 8 Settembre 1943. Ad essere colpita la zona sud Piazza Mazzini, i vicoli circostanti e la chiesa cattedrale. Inizia così un lungo calvario che segnerà per sempre la popolazione mutando il volto urbanistico del centro storico. Nel mese di Gennaio del 1944, a causa della sua vicinanza a Roma Velletri subisce tutte le operazioni di copertura dello sbarco di Anzio ed è in prima linea dopo nella battaglia per la capitale. Il 22 Gennaio 1944 un cruento bombardamento di una mattinata, riduce il centro storico in macerie seminando morte e distruzione. Alla fine delle ostilità il 2 Giugno 1944, Velletri era irriconoscibile, ma la voglia di rinascere era tanta. La Juana Romani, grazie al suo presidente Felice Remiddi, fu la prima scuola ripartire. Questo avvenne a Roma in locali messi a disposizione dal Ministero, dove Livio Rondoni e Marcello De Rossi fecero ripartire le attività didattiche. Nel mese di Ottobre del 1944 la scuola torna da Roma ma la sede di Via Luigi Novelli era totalmente inservibile, delle attrezzature neanche un chiodo le assi del pavimento divelte per farne delle bare. Il Presidente apre l’anno scolastico 1944/45 insieme ad alcuni insegnanti che non avevano incarichi ufficiali ma volentieri si prodigarono per la ripresa delle lezioni con attrezzature di fortuna e un martello avuto in prestito in un solo grande ambiente adibito ad aula scolastica. Nel mese di Novembre del 1944, si manifesta la necessità di provvedere alla direzione della scuola, in quanto  Enzo Dazzi come scrive in una lettera Felice Remiddi: “continua ad essere assente dal 20 Gennaio 1944 e continua a disinteressarsi della scuola” Sempre Remiddi nella stessa lettera dice che ha intenzione di affidare la direzione al giovane insegnante Marcello De Rossi, che avrebbe conseguito la laurea in Architettura nel Novembre 1944 Il periodo della ricostruzione della città è anche il periodo della ricostruzione della scuola. La lettera del Presidente Remiddi, parla chiaramente delle difficoltà, incontrate appena riportata la scuola da Roma. Ma il giovane direttore, insieme all’amico di sempre Livio Rondoni non si è mai arreso. Nell’autunno del 1945 il salone centrale viene restaurato; lo stesso oggi intitolato a Marcello De Rossi che è stato ed è il nodo centrale delle attività d’insegnamento, di conferenza e di esposizione. Col tempo le attrezzature si perfezionano e si completano, i laboratori vengono parzialmente ripristinati, tutta la scuola cresce e la popolazione scolastica è in aumento. Nel 1947 il Direttore Marcello De Rossi, presenta la prima mostra didattica del dopoguerra denominata Mostra Biennale, solo dopo la seconda edizione nel 1949 decise di trasformarla a cedenza triennale dando vita alla prestigiosa rassegna di cui stiamo parlando. La prima edizione della mostra si svolse dal 24 al 26 Ottobre del 1947, la stampa dell’epoca in special modo il Messaggero di Roma ha dedicato alla mostra un bellissimo articolo, dove il cronista mette in evidenza, come i visitatori, che affollarono  la storica sede di Via Luigi Novelli, fecero a gara per acquistare i lavori, posti in vendita ad un prezzo veramente alto. Molti prenotarono copie degli stessi.Il cronista, con una lunga digressione, si ferma a parlare di come la sera gli austeri ambienti si riempiono di giovani volenterosi di apprendere le “norme” del mestiere,mentre altri ragazzi quelli delle scuole medie, completano la loro preparazione artistica. Scorrendo quell’articolo, sulla pagina ingiallita dal tempo si leggono nomi che hanno poi fatto la storia della scuola: “ Il giovane maestro d’arte Guidi Roberto, una volta almeno modello della scuola,è presente con vari lavori. Un busto indovinatissimo, somigliantissimo, presenta una caratteristica figura di operaio “Orazio” che da tempo lavora nell’edificio. La sezione di Plastica diretta dal Guidi si è affermata in questa manifestazione, in questa rassegna e predomina insieme ad altre sezioni tra cui quella di falegnami e ebanisti e fabbri”. Il direttore Marcello De Rossi, ravvisava la necessità di un fornetto elettrico per la cottura della ceramica e il cronista commenta che il Ministero, visti gli oggetti esposti non aveva certo da rimpiangere la spesa. L’on.le Vincenzo Massei nel visitare la mostra si è così espresso: “La mostra della scuola artigiana di Velletri è veramente notevole, specialmente e si ha riguardo alle difficoltà in buona parte derivanti dai danni di guerra – in mezzo alle quali hanno dovuto lavorare insegnanti e scolari.” Il Sindaco di Velletri ha così espresso il suo compiacimento: “ I lavori esposti  sono un indice sicuro dell’avvenire e dello zelo degli insegnanti e della passione che anima gli allievi”. Ancora dalla stampa dell’epoca troviamo giudizi sulla prima edizione che vale la pena di riportare: Un religioso ha scritto una breve ed efficace frase: “ Più che parlare e tacere e… ammirare” la stessa cosa devi dirsi dalla frase del Prof. Barbera direttore dell’Ospedale: “dal Luglio 1944 quanta strada” Il sindaco ha così dichiarato:” I lavori esposti sono indice sicuro dell’amore e dello zelo degli insegnanti e della passione che hanno gli alunni” Un rappresentante della camera del lavoro ha scritto:” Eccellenti tutti i lavori particolarmente della plastica e della pittura. Meravigliosi gli intarsi in legno; è necessario maggiore incremento di tutti i laboratori e un maggiore interessamento da parte delle autorità governative e locali” Il rappresentante del Partito Comunista ha scritto:” Nel complesso la mostra è ottimamente riuscita, tenendo in special modo presente che il tutto è opera di sacrificio e di buona volontà degli insegnanti seri ed onesti che tutto danno per il buon nome di Velletri” Un competente artigiano ricordando la figura del Prof. Zauli ha scritto:” Dirigenti ed artigiani degli del loro scomparso ed amato maestro” Il rappresentante del PRI ha scritto:” E’ veramente interessante la scuola e merita ogni riguardo dei competenti ministeri e delle autorità locali” Il rappresentante della DC ha dichiarato:” Davvero riuscitissima chi ben comincia… Ottima sotto ogni aspetto artistico merita vivo incoraggiamento da parte delle competenti autorità”Il rappresentante della sezione dei coltivatori diretti così si è espresso:” Complesso ed encomiabile il lavoro svolto dal 1944 ad oggi:la mostra appare un indice segnaletico della volontà che anima i lavoratori e gli artigiani veliterni. E’ necessario che l’amministrazione comunale incoraggi ed incrementi la completa rinascita della scuola” Un artigiano di ben noto valore ha scritto:” La mostra è una manifestazione di arte semplice e chiara, che segna l’inizio di una nuova epoca” Una nuova epoca,infatti stava iniziando. La passione dell’Architetto De Rossi, passatemi pure il termine l’amore dello stesso per la scuola, fecero arrivare a Velletri insegnanti qualificati, artisti importanti che formarono il sapere delle mani di tanti giovani. Nel 1949 la seconda edizione della mostra biennale, anche qui non mancarono le espressioni di elogio, dal registro della mostra leggiamo: “E’ veramente interessante la Scuola e merita ogni riguardo dai competenti Ministeri e dalle autorità locali” 1950/51 primo corso diurno Con l’anno scolastico 1950/51 il direttore dà inizio al corso diurno come tentativo per la formazione di un nuovo ordine di studi più completo dal punto di vista culturale, e soprattutto in considerazione del disegno di legge che prevede la classificazione delle sole Scuole d’Arte diurne. Il primo corso diurno potrebbe essere letto storicamente come un normale punto d’arrivo. Ma invece fu il frutto di una lotta condotta con rara passione da parte del Direttore. Marcello De Rossi riesce a superare ogni ostacolo è da notare che fino a questo momento la scuola non rilasciava alcun titolo di studio avente valore legale, ma si preoccupava di dare una formazione in senso lato tecnico – artistica agli allievi, proponendosi di inserirli direttamente nel mondo del lavoro. Nel 1953 al completamento del terzo anno diurno si ottiene la classificazione e il giovanissimo Maurizio Galderisi viene nominato segretario economo della scuola. Inizia qui una grande amicizia e un proficuo rapporto di collaborazione che vedrà De Rossi e Galderisi combattere una sola ed unica battaglia la crescita della scuola e trasformarla in una vera e propria eccellenza.  Gli Istituti d’arte di Anzio – Tivoli – Priverno  La trasformazione da serale a diurna può essere considerata per la scuola il passaggio dall’infanzia alla maturità nuove possibilità didattiche si aprono ad essa, maggiori prospettive per gli alunni. Dal 1954 al 1960 si tengono numerosi convegni per studiare la nuova struttura didattica che potesse completare al meglio la formazione di un maestro d’arte o di un insegnante d’arte applicata. Questo è anche il periodo della battaglia per il raggiungimento della qualifica definitiva di Istituto d’Arte con il corso strutturato in tre anni inferiori equivalenti alle scuole medie e tre anni superiori per il conseguimento del diploma di maestro d’arte. Nel 1958 per incarico ministeriale l’Istituto d’Arte di Velletri tiene l’amministrazione delle nuovo scuole d’arte di Anzio – Tivoli e Priverno, incarico svolto con rara passione e competenza dal Rag. Maurizio Galderisi.  1960 nasce l’Istituto Statale d’Arte”Juana Romani” Nel 1960 in base alla legge n 2106 del 30 Gennaio 1962 avente decorrenza retroattiva dal 1 Ottobre 1960 la Scuola d’Arte Juana Romani diviene Istituto Statale d’Arte Juana Romani. L’architetto Marcello De Rossi, cessa le sue funzioni di direttore per assumere quelle di Preside. Il nuovo corso di studi comprende tre anni corrispondenti alla scuola media e tre anni per il conseguimento del diploma di Maestro d’Arte o Insegnante d’Arte Applicata. Con tale titolo si accedeva direttamente all’accademia di Belle Arti per la pittura, la scultura e la scenografia; con esami integrativi alla Facoltà di Architettura; si poteva inoltre conseguire l’abilitazione all’insegnamento delle Arti Applicate negli Istituti d’Arte; svolgere un lavoro altamente qualificato presso le Industrie o intraprendere un’attività artistica professionale. Nasce la Scuola Media Annessa Con l’anno scolastico 1963 – 64 prende l’avvio la nuova Scuola Media dell’obbligo, di modo che l’Istituto d’Arte riduce il suo corso di studi a tre anni cui si accede dopo aver conseguito il diploma di Licenza Media.  Permanendo però l’esigenza specifica di una preparazione in vista dell’accesso all’istituto d’arte contemporaneamente all’istituzione della Scuola Media dell’Obbligo, viene creata la così detta Scuola Media Annessa all’ istituto d’arte, la quale con particolari programmi rispetto alla scuola media che chiameremo “normale” prepara gli allievi in modo particolare in vista del proseguimento degli studi all’Istituto d’Arte. Oggi la Scuola Media, non più annessa all’Istituto d’Arte in virtù delle recenti riforme scolastiche è intitolata a Marcello De Rossi, grazie alla volontà del Preside Prof. Giglio Petriacci che volle questa intitolazione in riconoscenza del grande lavoro svolto dall’architetto a favore dell’istruzione dei giovani veliterni.  L’istituzione del biennio per il conseguimento del diploma di maturità d’arte applicata In questo particolare momento storico, si pone per il Preside Marcello De Rossi, una necessità ben precisa, quella di dare agli allievi che avevano completato il corso di studi un diploma valido al pari di quello rilasciato dalle altre scuole superiori. Inizia in questo momento una nuova battaglia conclusa nel 1970 con l’istituzione de corso biennale sperimentale che si poneva a completamento del triennio preesistente. Alla fine dell’anno scolastico 1971/72 gli allievi sostengono il primo esame di maturità per il conseguimento del diploma di maturità d’arte applicata. E’ la prima volta che l’Istituto rilascia un diploma di maturità riconosciuto a tutti gli effetti: ben si comprende quale tappa importante costituisca questa data nella sua storia  L’entrata in vigore dei decreti delegati Con l’entrata in vigore dei decreti delegati si sono svolte le prime elezioni per la nomina del nuovo Consiglio d’Istituto tra i 14 consiglieri eletti è stato nominato Presidente il Sig. Normando d’Annibale. 16 Aprile 1975 con la prima riunione del Consiglio d’Istituto il presidente Ing. Felice Remiddi lascia l’incarico tenuto totalmente in forma gratuita dal 1941 Nell’anno scolastico 1970/75 viene costruito un nuovo e moderno edificio scolastico fuori Porta Napoletana dove prende sede la Scuola Media Annessa. Mentre l’Istituto Statale d’Arte resta nella storica sede di Via Luigi Novelli, nel 1976 si celebrano i cento anni dalla fondazione con una mostra e un catalogo restati nella storia. Tre anni dopo quasi quarant’anni di servizio alla direzione della scuola il Preside Architetto Marcello De Rossi lascia l’incarico per raggiunti limiti d’età. Non venne subito nominato un Preside di ruolo ma la scuola venne affidata a due reggenti prima il Prof. Ferdinando Fornaro e poi il  Prof. Franco Libanori che diressero la scuola fino al 1982 quando venne nominato Preside il Prof. Giglio Petriacci. Petriacci era già insegnante nella sezione di Oreficeria e Metalli ed aveva maturato esperienze direttive alla testa degli Istituti d’Arte di Castelmassa – Sciacca – Vasto – Anzio – Tivoli e Marino.




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